BIOGRAFIA
Aniello
Barchetta
nato a Maddaloni (CE) il 21 Febbraio 1911
morto il 21 Aprile 1985.
Note biografiche sul poeta, violinista e compositore
di
Michele
Schioppa, Maddaloni 2001
La produzione artistica maddalonese annovera tra i suoi impieghi
principalmente pittori rispetto a poeti e musicisti. Quest’ultimi
però nel corso degli ultimi due secoli hanno dato un impulso
notevole alla coscienza culturale cittadina ed ecco il perché
è importante ricordarli. Si è scelto, vista anche
l’attualità del suo percorso poetico, di presentare
uno di quei personaggi più caratterizzanti la coscienza
intellettuale locale: Aniello Barchetta.
In tutte le composizioni- commenta il musicista Enzo de Rosa,
nel tracciare una critica al Nostro - si nota una vena melodica
semplice e molto cantabile con una capacità di sintesi
armonica e sviluppo formale. Le composizioni sono ben inserite
nel contesto musicale popolare e sacro dell’epoca. Buona
parte della produzione era finalizzata all’inserimento delle
sue composizioni nel repertorio dell’orchestra Schettino,
nella quale lavorava stabilmente, e delle sue orchestre formate
nel corso degli anni.
Dopo la nota sull’arte musicale del Barchetta si cerca di
avanzarne una sulla poesia.
Il Nostro diede alle sue poesie una funzione di tipo sociale.
La forte musicalità e padronanza del verso si fondono spesso
e volentieri con scene di vita vissuta. La sua, in molte opere,
è una ricerca d’Identità. Il suo rappresentare
un villaggio, ad esempio, descrivendo il fabbro, il ciabattino,
o altre figure, non vuole mettere in evidenza usanze del tempo
ma evidenziare il ruolo sociale che queste stesse personalità
ricoprivano in quel contesto di vita. Una ricerca della identità,
probabilmente, se non forse sicuramente, non legata alla sola
città natia. La poesia Tramonto, in tal senso, è
emblematica.
Ed è proprio in questo contesto che mi è gradito
ricalcare il senso che egli dava alla Vita con la testimonianza
di un maddalonese, di un’altra personalità impegnata
nel modo dell’Arte, a livello mondiale, il maestro Crescenzo
del Vecchio Berlingieri: Il mio primo incontro con il maestro
Aniello Barchetta fu uno scontro. Mi trovavo in via Marconi, dove
abitavo, che era anche strada dei miei giochi. All’epoca
( siamo nel dopo guerra) si giocava con tutto, anche con oggetti
recuperati. Il fatto: facevo rotolare, aiutandomi con bastone
di legno, un vecchio cerchio di bicicletta, naturalmente per guardare
il cerchio non guardavo la strada finendo, così, addosso
al malcapitato don Aniello. Mi sarei aspettato un rimprovero,
ma con un sorriso mi disse Crescenzo fai attenzione, perché
far girare il cerchio è come la Vita, se sbagli puoi combinare
qualche guaio ed il sorriso si allargò di più. Mi
piace ricordare questo episodio perché cosi scherzosamente
nasceva un insegnamento vero, da un uomo, che pur nelle difficoltà
del momento, ha dato attraverso la sua sensibilità dei
grossi insegnamenti. Eravamo negli anni ’40-‘50 e
bisognava pensare alla ricostruzione. Le voci dell’arte
vivevano momenti di disagio e di attesa lavorando comunque in
sordina riuscendo spesso a dare sollecitazioni per la crescita
delle coscienze verso una educazione al Bello, al Musicale all’Arte.
Aniello Barchetta era uno di questi, vi sembra poco?.
Passiamo ora ad una conoscenza propriamente biografica del
Nostro protagonista.
Aniello Barchetta nasce il 21 febbraio del 1911 da Alfonso
e Elisabetta Galasso, che vivevano nella proprietà de
Sivo, tra la fabbrica della Chiesa del SS. Corpo di Cristo e
la cava di proprietà di Alfredo de Sivo, ove i coniugi
erano impiegati. Alfonso ed Elisabetta per vivere si preoccupavano
dell’alimentazione delle fornaci con il recupero dei residui
delle colture di canapa.
In una delle sue poesie Aniello, Reminiscenze Indelebili, nel
ricordare una mula dal nome Munacella, impegnata a tirare il
carro usato dai genitori per la raccolta di frammenti di canapule,
racconta l’attività dei genitori e descrive il
suo giaciglio, dando un posto di rilievo al fattore Franco Tranquillo
ed al citato de Sivo.
La famiglia di Alfonso era costituita dal primogenito Aniello,
da Anna, Giovanna ed infine dal piccolo Pasquale; quest’ultimo
morto nel corso del secondo conflitto bellico mondiale.
Aniello si presenta fin da bambino con un carattere molto riservato.
Il suo luogo di rifugio dove meditare, e quindi ispirarsi, è
posizionato sul monte dedicato al patrono di Maddaloni, allo
stesso San Michele a cui dedicherà una poesia ed una
canzone.
Momento ‘cruciale’ fu nella sua vita quando, appena
tredicenne, con una bicicletta si recava a Caserta presso un
circolo Culturale dove ebbe modo di formarsi all’ombra
del prof. Alberto Estrafallaces. In quest’atmosfera il
Nostro si adopererà prima nel campo del disegno - pittura
e della scultura, poi sarà attratto dalla poesia la cui
passione gli resterà quando avrà modo di abbinarla
alla musica con le canzoni.
Sappiamo che a seguito della chiusura della cava del de Sivo,
con atto comunale tra il 1920 e 1923, la famiglia si sposta
in via S. Benedetto, in quella strada che porta alle scale della
chiesa omonima, mentre con l’anno 1935 Aniello resta senza
la figura paterna, la cui perdita condizionerà notevolmente
la gestione del bilancio familiare.
Dopo quest’ultimo evento la madre si impiega nella mietitura
della biada, che poi vende agli stallieri maddalonesi per rifocillare
i cavalli; nel periodo del grano, si adopera anche nella lavorazione
di quest’ultimo. Le sorelle, in parte aiutano la madre
ed in parte si dedicano a lavori di casa come domestiche in
famiglie benestanti locali. Per ciò che riguarda Aniello,
non potendo la famiglia sostenere la spesa della sua formazione,
lo stesso incomincia a produrre i primi elementi marmorei come
quello della tomba del Servo di Dio padre Francesco Mercorio
nella chiesa maddalonese dei Padri Oblati di Maria Immacolata.
Viste le difficoltà familiari di cui prima, non risulta
casuale la scelta di Aniello di adoperarsi per gli inizi nell’arte
pittorica e scultorea, infatti, il maestro Estrafallaces era
molto bravo ed abile in quest’arte; appresa la stessa
l’allievo aveva modo di iniziare a guadagnarsi il primo
sostentamento per lui e la famiglia stessa, già molto
sacrificata.
Per la parte scultorea si sa anche che Aniello è stato
impegnato nella lavorazione di diversi tondi ed altorilievi
per loculi del cimitero di Maddaloni, come di piccole statue
nello stesso sito, l’unica delle quali individuata per
firma è stata trafugata anni or sono. Porta l’impronta
di Barchetta, con la figura religiosa, anche il paliotto dell’altare
della cappella dei sacerdoti presente nello stesso luogo sacro
maddalonese.
Il primo strumento che inizierà a suonare sarà
il mandolino compratogli dalla mamma, con enormi sacrifici,
per 50 lire; successivamente si dedicò allo studio ed
uso di un altro strumento a corde, la chitarra, dal genitore
acquistata a 70 lire, mentre il violino (tutt’ora in possesso
della famiglia) fu il vero strumento che gli permise il riconoscimento
per le sue doti artistiche, lo stesso fu comprato con la somma
di 180 lire.
In sintesi la produzione di Aniello Barchetta è stata
di: pitture, sculture, poesie, canzoni, ballabili e fiabe.